La costruzione della Chiesa di San Nicola risale al 1000 d.C.
La Chiesa collegiata di San Nicola di Bari in Presenzano era la chiesa madre dalla quale dipendevano altre tre chiese: una l’attuale Chiesa della S.S. Annunziata, che si trova in Piazza Margherita, un’altra detta Chiesa del Borgo, che si trova in Via Santa Maria, anch’essa molto antica (ora sconsacrata e di privati). Una terza chiesa detta Madonna degli Urlino, anch’essa trasformata in abitazione privata. La chiesa di San Nicola è di stile romanico.
Per un lungo periodo era stata abbandonata in quanto pericolante. Nel giugno del 2003 è stata riconsacrata ed aperta ai fedeli.
In questa breve descrizione riscopriamo il fascino di questa chiesa romanica non tanto dalla sua grandezza, quanto dalla sua dimensione umana, ricca di sacralità. Meriterebbe una conoscenza ancora maggiore questa Chiesa d’arte medievale, un tempo vivacissimo centro di devozione popolare.
Un tempo: è una storia che conta ormai più di un millennio e, tuttavia, torna immediata e viva, affidata com’è in forme indelebili alle espressioni senza tempo della più autentica emozione artistica. Le origini di questa chiesa sono assai remote: non si conosce la data di fondazione, coincidente probabilmente con quella del paese più antico. Il suo stile rimanda alle costruzioni di fine sec. X e, forse, la sua costruzione ha sostituito un preesistente edificio pagano.
Essa sorge ai margini del paese serrato dalle mura, a servire contemporaneamente i fedeli di città e di campagna, isolata su di un piccolo poggio che spazia sulla immensa piana, circondata dal verde compatto della bellissima valle.
Al gioiello d’arte romanica, prevale il carattere monastico di una piccola badia, essendo le sue origini legate là dove era influente il monachesimo benedettino e dove si erano stanziati ordini monastici.
La costruzione è di tipo romanico: ingloba un caratteristico campanile a pianta quadrata, l’interno è a tre navate con cappelle laterali, la struttura è a croce latina,arricchita, inoltre da unoi stupendo portale marmoreo d’ingresso, finemente scolpito con scene e figure simboleggianti la Genesi, il Vecchio ed il Nuovo Testamento.
Sull’architrave, che reca inciso Ave Gratia Plena, è dipinta la rappresentazione dell’Annunciazione con l’Arcangelo Gabriele che appare a Maria per annunziarle l’incarnazione di Dio: ciò fa ritenere che, in origine, la chiesa venne eretta in onore dell’Annunziata.
Nella lunetta sovrapposta al portale si scorge un antico affresco, raffigurante la Vergine, nonostante l’inevitabile logorio del tempo l’abbia in massima parte compromessa. Alla lunetta fanno corona sette testine di angeli, stante forse ad indicare il settimo sigillo dal Libro dell’Apocalisse.
Si varca la soglia, si entra nella chiesa, e l’occhio è rapito dalle maestose, suggestive navate e dagli splendidi archi a tutto sesto.
Nel prolungamento della navata centrale trovasi il coro absidale, purtroppo non considerato nella attuale ristrutturazione, come pure la cappella di S. Nicola ove, alla mancanza dell’abside, sopperisce una parete piatta.
L’evoluzione dela liturgia comportò anche un crescente interesse pwer il culto delle reliquie che, conservate in preziosi reliquiari, erano collocate nel coro e non, come in passato, nascoste nell’oscurità delle cripte: spazio sufficiente a favorire l’accesso dei fedeli al culto delle reliquiei davanti alle quali si praticava la preghiera intercessoria.
Le pareti interne vennero inizialmente ricoperte di intonaco e, successivamente dipinte nella quasi totalità con pitture a caratteri di cultura bizantina ed in seguito andate distrutte; della decorazione pittorica rimane oggi, quasi intatto nella maestosa figura gli angeli, il Cristo Benedicente, dipinto in una nicchia del transetto.
Nel corso di molti secoli fu luogo sacro e principale centro di aggregazione religiosa, ove la cura delle anime era affidata al Collegio Canonicale, che comprendeva un arciprete e sei canonici, i quali esercitavano il loro ministero anche sulle altre chiese del paese sorte nei secoli successivi, come la altrettanto bella chiesa dell’Annunziata (attuale chiesa parrocchiale), Santa Maria al Borgo, Madonna del Rosario dei Gorlini e quella di Santo Stefano, le ultime tre oggi scomparse o totalmente trasformate.
A tanto splendore di arte ed a tanta maifestazine di fede la mano dell’uomo ha inferto danni scellerati; danni che offendono la cultura, la società civile e sopra tutto la sacralità: la memoria dei morti.
La chiesa, non dimentichiamolo, è stata anche luogo di sepoltura per innumerevoli nostri antenati, dei quali da secoli ne custodisce i resti.
Il coro custodisce le spoglie di molti sacerdoti da quando, nell’anno 1731 per volontà dell’arciprete Stefano delle Chiaje (sei anni prima della sua morte) fu stabilito che esso diventasse luogo di sepoltura.
Una epigrafe sulla pietra tombale così recita:
“O passeggero, quando qui sarai giunto, fermati un istante, osserva questa pietra marmorea, venera i sacerdoti che qui sotto sono sepolti. Ciò che essi sono tu sarai e affinchè in ogni epoca sia ricordato resta scritto per opera del Rev. Don Stefno delle Chiaje nell’anno del signore 1731”.
Se ne parla nel libro:
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